Nuovi germogli crescono: i green bond

I green bond sono strumenti che prevedono la destinazione esclusiva dei proventi a progetti “verdi” nuovi ed esistenti, ossia attività che promuovono iniziative per la sostenibilità climatica o ambientale in generale. In sostanza, servono a raccogliere capitali da investire in progetti destinati a produrre vantaggi ambientali. L’International Capital Market Association (ICMA) ha definito le linee guida per l’emissione dei green bond a gennaio del 2014.

Se in origine le obbligazioni verdi erano appannaggio quasi esclusivo di emittenti sovranazionali (come la Banca Europea per gli Investimenti, la Banca Mondiale e la Banca Europea per la Costruzione e lo Sviluppo), oggi gli emittenti finanziari e societari attingono sempre più spesso a questa nuova fonte di finanziamento.

Quella delle obbligazioni verdi di tipo societario, in quanto asset class nascente, è un’area brulicante di primati. Nell’ottobre del 2012, l’azienda di gas industriali Air Liquide si è autodefinita la “prima società privata a emettere obbligazioni corrispondenti ai criteri degli investitori socialmente responsabili (SRI)”. Questo titolo è antecedente ai Principi dei green bond e, tecnicamente, forse non è neanche un’obbligazione verde, ma merita una menzione essendo stato “collocato in prevalenza presso emittenti con mandato di Investitori socialmente responsabili (SRI)”. Da allora, abbiamo visto l’utility francese EDF annunciare a novembre 2013 “l’emissione del primo green bond societario”, anche se questo stesso record potrebbe essere rivendicato (questione di un paio di giorni) dall’impresa immobiliare svedese Vasakronan. Più di recente, a marzo 2014, l’azienda di beni di consumo Unilever ha dichiarato che “il titolo di sostenibilità verde Unilever è il primo green bond sul mercato della sterlina, oltre che il primo emesso da una società del settore dei beni di largo consumo (FMCG)”.

È evidente che gli emittenti societari hanno tutte le intenzioni di spingere lo sviluppo del mercato dei green bond come fonte di finanziamento alternativa e, così facendo, di sensibilizzare il pubblico sui problemi ambientali che si trovano ad affrontare. Osservando il grafico seguente si nota che le aziende sono oggi la singola fonte principale di emissioni “verdi”. Se è chiaro che gli emittenti e gli investitori ottengono entrambi vantaggi in termini di reputazione per l’adesione e l’appoggio a progetti sostenibili, le obbligazioni verdi mancano di una definizione vincolante riconosciuta a livello internazionale e si limitano a rispettare una serie di linee guida su base volontaria.

Una delle caratteristiche strutturali dei green bond è il fatto che spesso sono emessi a margine di programmi esistenti di emissione di titoli in euro a medio e lungo termine (EMTN) e garantiti dalla società capogruppo. I flussi di cassa per il servizio del debito derivano dall’emittente, il che implica la possibilità di attingere ai flussi di cassa complessivi della società, e non solo del progetto finanziato specifico. Non sorprende, quindi, che il merito di credito di queste obbligazioni sia in linea con quello degli altri titoli dello stesso emittente. Tuttavia, questa dislocazione significa che gli investitori non sono in grado di identificare i flussi di cassa derivanti dal progetto sottostante.

Gli emittenti di obbligazioni societarie spesso classificano l’uso dei proventi alla voce “finalità societarie generali”, che in genere dice poco agli investitori su come e dove tali fondi saranno utilizzati. Ad esempio, saranno destinati a operazioni di rifinanziamento, fusione e acquisizione, spesa strumentale o riacquisto di azioni? Per contro, una delle pietre angolari dei green bond è che l’uso dei proventi è definito nella documentazione legale del titolo, il che dovrebbe assicurare un certo grado di trasparenza. Dico un certo grado perché, in pratica, una volta che i proventi vengono impiegati, l’investitore potrebbe avere informazioni limitate sull’avanzamento del progetto e la misura in cui raggiunge gli obiettivi ambientali. Ad esempio, i proventi dell’obbligazione per il progetto specificato stanno contribuendo a una riduzione rilevabile dei gas serra, del consumo di acqua o della creazione di rifiuti?

Esiste una certa asimmetria nelle credenziali ecologiche richieste, fra emittenti e investitori. Per poter lanciare un green bond, un emittente deve attenersi ai principi definiti dall’ICMA. Oltre alla destinazione dei proventi, tali linee guida indicano come comportarsi riguardo alla valutazione e selezione dei progetti, alla rendicontazione come pure alla gestione dei proventi. In merito a quest’ultimo aspetto, comprendono anche il suggerimento di rafforzare l’integrità ambientale dello strumento attraverso l’impiego di un revisore esterno, un ente di verifica indipendente o, secondo la definizione di alcuni, un’agenzia di rating degli Investimenti socialmente responsabili (SRI). Eppure, con tutto questo rigore sul lato dell’emittente, sembra che non ci siano limitazioni riguardo a quali fondi obbligazionari possano diventare proprietari di titoli di questo tipo. Se gli emittenti citano spesso il desiderio di diversificare le fondi di finanziamento e attrarre investitori socialmente responsabili e sensibili ai temi ambientali, sociali e di governance in cerca di strumenti a reddito fisso sostenibili (dal punto di vista ambientale e dei flussi di cassa), da parte loro gli investitori non hanno necessariamente bisogno di una ‘fedina’ verde così pulita.

Anzi, talvolta anche un’obbligazione emessa in un “involucro verde” può non soddisfare alcuni fondi SRI, ad esempio se questi sostengono, a torto o a ragione, che EDF utilizzi flussi di cassa generati da attività legate all’energia nucleare per pagare le cedole del suo green bond. Un altro approccio a questo aspetto sarebbe sostenere che i progetti ambientali ricevono vantaggi in termini di qualità del credito dall’uso di flussi di cassa societari per dare impulso all’investimento in iniziative verdi. In ogni modo, resta all’investitore l’onere di stabilire quanto sia davvero verde l’obbligazione. Le agenzie di rating finora non si sono addentrate in questo terreno insidioso, assegnando una giudizio relativo di “ecologicità”.
Infine, esaminando alcuni esempi di emittenti societari di obbligazioni verdi nella tabella seguente, sembra che il prezzo dei green bond sul mercato secondario sia in linea con quello di altre emissioni “non verdi”, come sembra ragionevole alla luce di quanto detto riguardo alla struttura e al cash flow.

Il valore e il reddito degli asset del fondo potrebbero diminuire così come aumentare, determinando movimenti al rialzo o al ribasso del valore dell’investimento. Possibile che non si riesca a recuperare l’importo iniziale investito. Le performance passate non sono indicative dei risultati futuri.

Vladimir Jovkovic

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