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19/04/24

1.Cosa è successo al mercato high yield nell’ultimo mese?

Abbiamo visto ritorni negativi del -12,7% nel mercato high yield globale, che dopo un mese di febbraio debole hanno portato la performance del T1 a -13,7%. Per contestualizzare tale dato, questi sono stati il secondo mese e secondo trimestre peggiori dal 1998 a oggi. Solo nel mese di ottobre 2008 e nel quarto trimestre dello stesso anno il mercato ha subito un drawdown più pesante.

2. La situazione può peggiorare?

Sì, ma probabilmente non così tanto. Nel lungo periodo, gli spread sono stati più ampi (raggiungendo il picco a oltre 2000 punti base dopo il fallimento di Lehman Brothers), e attualmente si aggirano a poco meno di 1000 punti base. Non ho idea di quando si possa toccare il fondo per questo ciclo di mercato particolare: potrebbe essere stato qualche giorno fa, potrebbe essere tra qualche mese, ma ci sono diversi elementi in un certo modo confortanti, nella misura in cui fanno sperare che la situazione non possa peggiorare ancora molto.

  • La risposta di policy a cui abbiamo assistito è stata rapida e incisiva sia in termini di sostegno ai mercati che di sostegno fiscale diretto alle aziende e ai privati. Ricordate che l’ultima volta che gli spread sono arrivati a oltre 2000 è stato prima che gli Stati Uniti approvassero la direttiva sul piano di salvataggio con acquisto di asset tossici (Troubled Asset Relief Program o Tarp).
  • La crisi attuale ha una causa ben precisa e quindi dovrebbe avere una fine certa: una volta che i tassi di contagio si abbasseranno notevolmente e la vita tornerà a una parvenza di normalità, il mondo andrà avanti. Certo, gli impatti economici saranno duraturi, ma non per sempre e, vista l’azione dei policymaker, non credo che si tratti di una crisi esistenziale per i mercati dell’alto rendimento.

3. Ci saranno più default?

Sicuramente. I tassi globali di default si attestavano fra lo 0 e il 5% per l’high yield, prima di entrare nell’attuale scenario. Non c’è dubbio che vedremo più aziende ristrutturare il debito e, in alcuni casi, fallire del tutto e andare in liquidazione. Vorrei fare due osservazioni in merito.

  • Ci sarà un’enorme dispersione in termini di default tra i vari settori. Senza alcun dubbio vedremo un notevole e sostanziale aumento dei casi di inadempienza nel settore energetico, date le recenti azioni dell’OPEC e il conseguente crollo dei prezzi petroliferi. Per esempio, risale a pochi giorni fa la richiesta di protezione fallimentare ai sensi del Chapter 11 invocata da Whiting Petroleum, che è un emittente high yield; le obbligazioni della società sono scambiate al 5% del valore nominale, il che implica una perdita per gli obbligazionisti di circa il 95%. Ne vedremo altre di situazioni come questa e in effetti il mercato ha già iniziato a scontarle nei prezzi (si veda il grafico relativo alle obbligazioni HY USA del settore energetico che mostra una perdita picco-valle di quasi il 50%). Altri settori che sembrano particolarmente vulnerabili sono i trasporti, la vendita al dettaglio di prodotti non alimentari, l’industria automobilistica, le industrie di base e i consumi ciclici. D’altra parte, il retail di generi alimentari, le imprese di imballaggio, le aziende tech, media e telecomunicazioni, gli operatori farmaceutici e sanitari (che sono tutte parti importanti del mercato high yield) vedranno un impatto relativamente limitato sulle loro attività o addirittura una ripresa.
  • I default non sempre significano distruzione permanente del capitale. Un’azienda può essere inadempiente sul debito nel breve termine, ma se i titolari di obbligazioni ricevono equity e l’azienda è comunque redditizia nel lungo termine, allora cavalcare una ristrutturazione in questa situazione spesso può essere la strategia ottimale per recuperare le perdite. Questo è il momento in cui le competenze in materia di debito in sofferenza contano davvero.

4. Quindi i fallimenti aumenteranno, ma cosa è stato scontato in termini di tassi di default?

Gli spread hanno già incorporato una dose più che abbondante di cattive notizie. Osservando il grafico in basso, il mercato sconta adesso tassi di default cumulativi a 5 anni di poco superiori al 50% (supponendo un recupero del 40%). Per gli investitori che si concentrano sul debito senior garantito (ad esempio, prestiti senior e FRN), il tasso di default implicito negli spread è ancora più pessimista e sfiora il 70% su 5 anni (ipotizzando un recupero del 60%). Come si vede nel grafico, storicamente il picco dei tassi di default a 5 anni è stato del 31%. Direi che il mercato sta già prezzando uno scenario molto estremo e doloroso per i default. Naturalmente ci saranno perdite per gli obbligazionisti, ma faccio fatica a immaginare che siano di questa portata. Di conseguenza, penso che le valutazioni dell’high yield attualmente siano convenienti.

5. Qual è il potenziale di rialzo per gli investitori?

Nel breve termine, è impossibile dirlo: il mercato è ancora molto volatile e piuttosto illiquido, quindi potremmo vedere più perdite che guadagni, nell’immediato. Tuttavia, in un orizzonte di medio-lungo periodo (diciamo a 2 anni), i rendimenti potrebbero essere sostanziosi. Di nuovo, volendo ricavare indicazioni dalla storia, il grafico di seguito mostra la performance del mercato high yield globale nei 2 anni successivi a un crollo trimestrale pari o superiore al 4%. Negli ultimi 20 anni, questo ha sempre generato un rendimento positivo, e infatti negli ultimi 6 cali di questo tipo i rendimenti sono stati superiori al 20% nei 2 anni seguenti. Un’evoluzione di questo tipo non è inconcepibile oggi. Se per esempio il mercato ha uno spread di 1000 punti base che in 2 anni si normalizza a circa 400 punti base (un livello coerente con la storia più recente), con una duration dello spread di 4 anni si avrebbe un capital gain potenziale del 24%. Per concludere, nel complesso accanto ai rischi, alla volatilità e ai default, rileviamo un alto potenziale di remunerazione.

1.Cosa è successo al mercato high yield nell’ultimo mese?

Abbiamo visto ritorni negativi del -12,7% nel mercato high yield globale, che dopo un mese di febbraio debole hanno portato la performance del T1 a -13,7%. Per contestualizzare tale dato, questi sono stati il secondo mese e secondo trimestre peggiori dal 1998 a oggi. Solo nel mese di ottobre 2008 e nel quarto trimestre dello stesso anno il mercato ha subito un drawdown più pesante.

2. La situazione può peggiorare?

Sì, ma probabilmente non così tanto. Nel lungo periodo, gli spread sono stati più ampi (raggiungendo il picco a oltre 2000 punti base dopo il fallimento di Lehman Brothers), e attualmente si aggirano a poco meno di 1000 punti base. Non ho idea di quando si possa toccare il fondo per questo ciclo di mercato particolare: potrebbe essere stato qualche giorno fa, potrebbe essere tra qualche mese, ma ci sono diversi elementi in un certo modo confortanti, nella misura in cui fanno sperare che la situazione non possa peggiorare ancora molto.

  • La risposta di policy a cui abbiamo assistito è stata rapida e incisiva sia in termini di sostegno ai mercati che di sostegno fiscale diretto alle aziende e ai privati. Ricordate che l’ultima volta che gli spread sono arrivati a oltre 2000 è stato prima che gli Stati Uniti approvassero la direttiva sul piano di salvataggio con acquisto di asset tossici (Troubled Asset Relief Program o Tarp).
  • La crisi attuale ha una causa ben precisa e quindi dovrebbe avere una fine certa: una volta che i tassi di contagio si abbasseranno notevolmente e la vita tornerà a una parvenza di normalità, il mondo andrà avanti. Certo, gli impatti economici saranno duraturi, ma non per sempre e, vista l’azione dei policymaker, non credo che si tratti di una crisi esistenziale per i mercati dell’alto rendimento.

3. Ci saranno più default?

Sicuramente. I tassi globali di default si attestavano fra lo 0 e il 5% per l’high yield, prima di entrare nell’attuale scenario. Non c’è dubbio che vedremo più aziende ristrutturare il debito e, in alcuni casi, fallire del tutto e andare in liquidazione. Vorrei fare due osservazioni in merito.

  • Ci sarà un’enorme dispersione in termini di default tra i vari settori. Senza alcun dubbio vedremo un notevole e sostanziale aumento dei casi di inadempienza nel settore energetico, date le recenti azioni dell’OPEC e il conseguente crollo dei prezzi petroliferi. Per esempio, risale a pochi giorni fa la richiesta di protezione fallimentare ai sensi del Chapter 11 invocata da Whiting Petroleum, che è un emittente high yield; le obbligazioni della società sono scambiate al 5% del valore nominale, il che implica una perdita per gli obbligazionisti di circa il 95%. Ne vedremo altre di situazioni come questa e in effetti il mercato ha già iniziato a scontarle nei prezzi (si veda il grafico relativo alle obbligazioni HY USA del settore energetico che mostra una perdita picco-valle di quasi il 50%). Altri settori che sembrano particolarmente vulnerabili sono i trasporti, la vendita al dettaglio di prodotti non alimentari, l’industria automobilistica, le industrie di base e i consumi ciclici. D’altra parte, il retail di generi alimentari, le imprese di imballaggio, le aziende tech, media e telecomunicazioni, gli operatori farmaceutici e sanitari (che sono tutte parti importanti del mercato high yield) vedranno un impatto relativamente limitato sulle loro attività o addirittura una ripresa.
  • I default non sempre significano distruzione permanente del capitale. Un’azienda può essere inadempiente sul debito nel breve termine, ma se i titolari di obbligazioni ricevono equity e l’azienda è comunque redditizia nel lungo termine, allora cavalcare una ristrutturazione in questa situazione spesso può essere la strategia ottimale per recuperare le perdite. Questo è il momento in cui le competenze in materia di debito in sofferenza contano davvero.

4. Quindi i fallimenti aumenteranno, ma cosa è stato scontato in termini di tassi di default?

Gli spread hanno già incorporato una dose più che abbondante di cattive notizie. Osservando il grafico in basso, il mercato sconta adesso tassi di default cumulativi a 5 anni di poco superiori al 50% (supponendo un recupero del 40%). Per gli investitori che si concentrano sul debito senior garantito (ad esempio, prestiti senior e FRN), il tasso di default implicito negli spread è ancora più pessimista e sfiora il 70% su 5 anni (ipotizzando un recupero del 60%). Come si vede nel grafico, storicamente il picco dei tassi di default a 5 anni è stato del 31%. Direi che il mercato sta già prezzando uno scenario molto estremo e doloroso per i default. Naturalmente ci saranno perdite per gli obbligazionisti, ma faccio fatica a immaginare che siano di questa portata. Di conseguenza, penso che le valutazioni dell’high yield attualmente siano convenienti.

5. Qual è il potenziale di rialzo per gli investitori?

Nel breve termine, è impossibile dirlo: il mercato è ancora molto volatile e piuttosto illiquido, quindi potremmo vedere più perdite che guadagni, nell’immediato. Tuttavia, in un orizzonte di medio-lungo periodo (diciamo a 2 anni), i rendimenti potrebbero essere sostanziosi. Di nuovo, volendo ricavare indicazioni dalla storia, il grafico di seguito mostra la performance del mercato high yield globale nei 2 anni successivi a un crollo trimestrale pari o superiore al 4%. Negli ultimi 20 anni, questo ha sempre generato un rendimento positivo, e infatti negli ultimi 6 cali di questo tipo i rendimenti sono stati superiori al 20% nei 2 anni seguenti. Un’evoluzione di questo tipo non è inconcepibile oggi. Se per esempio il mercato ha uno spread di 1000 punti base che in 2 anni si normalizza a circa 400 punti base (un livello coerente con la storia più recente), con una duration dello spread di 4 anni si avrebbe un capital gain potenziale del 24%. Per concludere, nel complesso accanto ai rischi, alla volatilità e ai default, rileviamo un alto potenziale di remunerazione.

1.Cosa è successo al mercato high yield nell’ultimo mese?

Abbiamo visto ritorni negativi del -12,7% nel mercato high yield globale, che dopo un mese di febbraio debole hanno portato la performance del T1 a -13,7%. Per contestualizzare tale dato, questi sono stati il secondo mese e secondo trimestre peggiori dal 1998 a oggi. Solo nel mese di ottobre 2008 e nel quarto trimestre dello stesso anno il mercato ha subito un drawdown più pesante.

2. La situazione può peggiorare?

Sì, ma probabilmente non così tanto. Nel lungo periodo, gli spread sono stati più ampi (raggiungendo il picco a oltre 2000 punti base dopo il fallimento di Lehman Brothers), e attualmente si aggirano a poco meno di 1000 punti base. Non ho idea di quando si possa toccare il fondo per questo ciclo di mercato particolare: potrebbe essere stato qualche giorno fa, potrebbe essere tra qualche mese, ma ci sono diversi elementi in un certo modo confortanti, nella misura in cui fanno sperare che la situazione non possa peggiorare ancora molto.

  • La risposta di policy a cui abbiamo assistito è stata rapida e incisiva sia in termini di sostegno ai mercati che di sostegno fiscale diretto alle aziende e ai privati. Ricordate che l’ultima volta che gli spread sono arrivati a oltre 2000 è stato prima che gli Stati Uniti approvassero la direttiva sul piano di salvataggio con acquisto di asset tossici (Troubled Asset Relief Program o Tarp).
  • La crisi attuale ha una causa ben precisa e quindi dovrebbe avere una fine certa: una volta che i tassi di contagio si abbasseranno notevolmente e la vita tornerà a una parvenza di normalità, il mondo andrà avanti. Certo, gli impatti economici saranno duraturi, ma non per sempre e, vista l’azione dei policymaker, non credo che si tratti di una crisi esistenziale per i mercati dell’alto rendimento.

3. Ci saranno più default?

Sicuramente. I tassi globali di default si attestavano fra lo 0 e il 5% per l’high yield, prima di entrare nell’attuale scenario. Non c’è dubbio che vedremo più aziende ristrutturare il debito e, in alcuni casi, fallire del tutto e andare in liquidazione. Vorrei fare due osservazioni in merito.

  • Ci sarà un’enorme dispersione in termini di default tra i vari settori. Senza alcun dubbio vedremo un notevole e sostanziale aumento dei casi di inadempienza nel settore energetico, date le recenti azioni dell’OPEC e il conseguente crollo dei prezzi petroliferi. Per esempio, risale a pochi giorni fa la richiesta di protezione fallimentare ai sensi del Chapter 11 invocata da Whiting Petroleum, che è un emittente high yield; le obbligazioni della società sono scambiate al 5% del valore nominale, il che implica una perdita per gli obbligazionisti di circa il 95%. Ne vedremo altre di situazioni come questa e in effetti il mercato ha già iniziato a scontarle nei prezzi (si veda il grafico relativo alle obbligazioni HY USA del settore energetico che mostra una perdita picco-valle di quasi il 50%). Altri settori che sembrano particolarmente vulnerabili sono i trasporti, la vendita al dettaglio di prodotti non alimentari, l’industria automobilistica, le industrie di base e i consumi ciclici. D’altra parte, il retail di generi alimentari, le imprese di imballaggio, le aziende tech, media e telecomunicazioni, gli operatori farmaceutici e sanitari (che sono tutte parti importanti del mercato high yield) vedranno un impatto relativamente limitato sulle loro attività o addirittura una ripresa.
  • I default non sempre significano distruzione permanente del capitale. Un’azienda può essere inadempiente sul debito nel breve termine, ma se i titolari di obbligazioni ricevono equity e l’azienda è comunque redditizia nel lungo termine, allora cavalcare una ristrutturazione in questa situazione spesso può essere la strategia ottimale per recuperare le perdite. Questo è il momento in cui le competenze in materia di debito in sofferenza contano davvero.

4. Quindi i fallimenti aumenteranno, ma cosa è stato scontato in termini di tassi di default?

Gli spread hanno già incorporato una dose più che abbondante di cattive notizie. Osservando il grafico in basso, il mercato sconta adesso tassi di default cumulativi a 5 anni di poco superiori al 50% (supponendo un recupero del 40%). Per gli investitori che si concentrano sul debito senior garantito (ad esempio, prestiti senior e FRN), il tasso di default implicito negli spread è ancora più pessimista e sfiora il 70% su 5 anni (ipotizzando un recupero del 60%). Come si vede nel grafico, storicamente il picco dei tassi di default a 5 anni è stato del 31%. Direi che il mercato sta già prezzando uno scenario molto estremo e doloroso per i default. Naturalmente ci saranno perdite per gli obbligazionisti, ma faccio fatica a immaginare che siano di questa portata. Di conseguenza, penso che le valutazioni dell’high yield attualmente siano convenienti.

5. Qual è il potenziale di rialzo per gli investitori?

Nel breve termine, è impossibile dirlo: il mercato è ancora molto volatile e piuttosto illiquido, quindi potremmo vedere più perdite che guadagni, nell’immediato. Tuttavia, in un orizzonte di medio-lungo periodo (diciamo a 2 anni), i rendimenti potrebbero essere sostanziosi. Di nuovo, volendo ricavare indicazioni dalla storia, il grafico di seguito mostra la performance del mercato high yield globale nei 2 anni successivi a un crollo trimestrale pari o superiore al 4%. Negli ultimi 20 anni, questo ha sempre generato un rendimento positivo, e infatti negli ultimi 6 cali di questo tipo i rendimenti sono stati superiori al 20% nei 2 anni seguenti. Un’evoluzione di questo tipo non è inconcepibile oggi. Se per esempio il mercato ha uno spread di 1000 punti base che in 2 anni si normalizza a circa 400 punti base (un livello coerente con la storia più recente), con una duration dello spread di 4 anni si avrebbe un capital gain potenziale del 24%. Per concludere, nel complesso accanto ai rischi, alla volatilità e ai default, rileviamo un alto potenziale di remunerazione.

Come tutti sappiamo, il 2018 è stato un anno difficile per quasi tutte le asset class, non da meno per le obbligazioni high yield (HY). La correzione durante il quarto trimestre è stata particolarmente rapida e brutale rispetto alle recenti fasi di lieve volatilità sotto l’egida della generosità delle banche centrali. Nel 2018 l’HY globale ha perso alcuni punti percentuali in valuta locale, mentre il mercato dei titoli a tasso variabile (FRN), dal beta più basso e con un numero superiore di titoli senior garantiti, ha mostrato migliore tenuta, con una perdita poco inferiore all’1%.

Ciò ha contribuito a ricordarci che il mercato HY FRN (che condivide molte caratteristiche di rischio con il mercato dei prestiti privilegiati, compresa la sua natura di garanzia privilegiata e la cedola variabile) è in genere meno volatile delle tradizionali obbligazioni HY a tasso fisso nei periodi di correzione di mercato.

Guardando al 2019, qual è quindi la situazione per gli investitori?

Dovrebbero favorire le obbligazioni a tasso variabile o a tasso fisso HY?

Per cercare di rispondere a questa domanda, ho delineato di seguito alcuni scenari di performance totale basati su diverse variazioni degli spread e dei tassi di interesse. Tali scenari tengono conto anche di una stima dei costi di copertura valutaria per un anno al fine di ottenere un risultato interamente coperto. Ho ipotizzato un tasso di default dell’1,5%, con un tasso medio di recupero del 30% per il mercato HY fisso e un più elevato tasso del 60% per il mercato variabile. Suppongo inoltre che qualsiasi variazione dei rendimenti sia solo una mossa di inclinazione/appiattimento, stando a significare che non dovrebbero esserci ulteriori aumenti dei tassi nei 12 mesi successivi. Si vedano di seguito i 3 scenari – per le obbligazioni FRN e HY completamente coperte e denominate in dollari statunitensi, euro e sterline.

Cosa possiamo dedurre da quanto sopra?

  1. Per gli investitori in USD, il rapporto di rischio/rendimento da una prospettiva assoluta inizia ad essere interessante: il breakeven sugli spread è sufficientemente allettante da render necessario un ampliamento di spread di oltre 200 bps prima che il mercato FRN inizi a generare perdite. Per fornire un contesto, ciò significa spread di circa 650 bps e un rendimento complessivo di quasi 9%, indubbiamente un livello che prezzi una recessione. Nel caso di un mercato a reddito fisso con dati spread più elevati (con una sensibilità maggiore alle variazioni di spread), le perdite subentrano prima, a un livello di 150 bps (come cerchiato). Nel complesso, ciò implica un premio di rischio/rendimento piuttosto allettante, con performance potenziali di somme elevate a una cifra e somme a due cifre. Per gli investitori in euro e in sterline, la situazione è marginalmente meno vantaggiosa, dati i rendimenti di partenza inferiori. In Europa, in particolare, ci sono molte cifre in rosso.

 

  1. In uno scenario rialzista, con una forte contrazione degli spread e un rimbalzo dei rendimenti, la modesta duration tassi di interesse degli FRN funziona piuttosto bene in quanto qualsiasi aumento dei rendimenti dei titoli di Stato non avrebbe un impatto sui risultati (dato che vengono adeguati periodicamente per corrispondere al rendimento governativo), mentre la duration più lunga del mercato a tasso fisso agisce da freno negativo in caso di aumento dei tassi (cerchio blu).
  1. In uno scenario ribassista, con spread più ampi e rendimenti inferiori, anche la duration di spread inferiore del mercato FRN gioca a suo favore rispetto al mercato a reddito fisso (cerchio blu tratteggiato).
  1. L’HY a tasso fisso genera una sovraperformance se sia i rendimenti che gli spread scendono (rettangolo nero), cosa che potrebbe essere coerente forse con un ritorno a stimoli monetari come il Quantitative Easing (QE).

Dato il vigore relativo delle economie statunitense e globale, un ritorno di QE è piuttosto improbabile – a mio avviso, questo dovrebbe apportare un vantaggio ai FRN negli scenari di performance più probabili. Devo precisare che questo si basa su diverse ipotesi, quindi dovrebbe essere considerato come teorico.

Inoltre, ci sono altre variabili che avrebbero un impatto, tra cui la mancanza di capitale al rialzo delle FRN, in quanto i loro scambi sono prossimi al valore nominale, e qualsiasi aumento dei tassi di inadempienza superiore all’1,5%. Detto questo, la resilienza intrinseca dei titoli FRN, grazie alla duration ridotta in termini di spread e tassi di interesse, potrebbe rappresentare un vantaggio per l’asset class nel 2019. Forse sarà un anno positivo per l’high yield a tasso variabile.

Non è stata un’annata particolarmente fruttuosa per le performance totali del mercato high yield europeo: gli spread più ampi hanno determinato modeste perdite di capitale, compensate appena da un reddito relativamente basso del 3,2%, con una conseguente performance totale anemica dello 0,22% da inizio anno. Poco entusiasmante? Si, ma solo a un primo sguardo. Le tendenze sottostanti sono ben più interessanti e di rilievo per gli investitori.

Ogni anno, il mercato High Yield tende a presentare alcuni valori anomali idiosincratici che registrano notevoli cali di prezzo: succede in modo regolare ed evitarli è compito di un gestore. Ma è come se la quantità e la severità di questi movimenti fosse incrementata quest’anno, come messo in luce dal grafico di seguito:

Dalla tabella, vediamo come si distinguano i settori retail e delle costruzioni. Iniziando col primo, le sfide poste dallo shopping online al settore retail sono ben documentate e ancora profondamente sentite: le obbligazioni della catena britannica di grandi magazzini Debenhams, della compagnia di cosmetici tedesca Douglas e della catena francese IKKS hanno tutte continuato a sottoperformare con l’aumentare dei clienti che preferiscono un click del mouse a una visita al negozio.

Tuttavia, questo non dovrebbe scandalizzare nessuno in quanto la tendenza negativa del settore è nota da un po’ e i cali dei prezzi obbligazionari hanno visto una lenta evoluzione, piuttosto che un brusco crollo, come messo in luce dal grafico. Le vecchie abitudini sono dure a morire.

Il settore delle costruzioni si è comportato diversamente: la velocità e la severità del calo dei bond delle compagnie edilizie italiane CMC Ravenna e Astaldi sono avvenute in periodi molto più brevi, come si vede di seguito. Queste imprese hanno risentito dei risultati deludenti e, nel caso della Astaldi, della mancata cessione e del mancato aumento di capitale.

In questo caso notiamo un vero e proprio “orlo del precipizio”, a suggerire che il crollo è più improvviso, pertanto forse non dovuto a sfide fondamentali sul lungo termine, che tendono a fermentare per un lungo periodo di tempo. Dunque, cosa sta succedendo? Due considerazioni affiorano alla mente:

  1. Nella botte piccola si celano i grossi cambiamenti: Dati i protratti spread di credito relativamente modesti e i rendimenti complessivi contenuti, basta anche una piccola variazione nell’opinione del mercato relativamente a un credito a generare un’ingente caduta di prezzo. In passato, come mostrato nel grafico seguente, i rendimenti più elevati e le cedole più alte hanno contribuito ad attenuare le perdite di capitale in quanto il reddito era una componente molto più importante delle performance totali. Al contrario, gran parte del mercato odierno è valutato alla perfezione quando si tratta di prospettive fondamentali, quindi quando c’è un deterioramento per qualsiasi motivo, il calo dei prezzi sembra più drammatico.
  2. Tutto o niente: Il contesto di basso rendimento aumenta anche il rischio di divario in un altro modo: la maggior parte di queste obbligazioni potrebbe vedere i propri prezzi stabilizzarsi quando gli acquirenti marginali, come gli investitori in difficoltà, iniziano a individuare valore. Dato che gli investitori tendono a considerare il valore di recupero in una situazione di inadempimento come base di valutazione (piuttosto che come rendimento), il calo di prezzo da un’obbligazione a basso rendimento ma performante alla pari a un’obbligazione in sofferenza scambiata al valore di recupero può essere molto maggiore.

Queste situazioni ci stanno dicendo che l’attuale ambiente europeo di rendimenti modesti, spread ridotti e crescita rallentata sta determinando un comportamento diverso rispetto al passato delle obbligazioni high yield. In ragione di ciò, credo che gli investitori europei in high yield dovrebbero essere ancora più consapevoli del solito del rischio asimmetrico al ribasso.  Cercare di ottenere qua e là un rendimento di 50-100 punti base in più può essere troppo facilmente vanificato da un’improvvisa caduta di prezzo del 25% di una singola partecipazione. Più che mai, l’high yield è un mercato bottom-up che necessita pertanto di un’attenta selezione dei titoli.

Ieri la società di calcio Inter ha emesso la prima obbligazione high yield da quando il Manchester United avevo fatto ricorso al mercato, nel gennaio 2010. Mettendo da parte la viscerale parzialità di due dei miei stimati colleghi (entrambi italiani, entrambi tifosi sfegatati del Milan), abbiamo deciso di NON investire in questa emissione da 300 milioni di euro al 4,875% con scadenza 2022.

A livello di fondamentali, diritti legali e valore relativo, l’obbligazione se la cava abbastanza bene. L’Inter è un club affermato, con una tifoseria solida ed attualmente occupa le prime posizioni della classifica di Serie A. Il club è pertanto in una buona posizione per generare ricavi sostenibili dai diritti televisivi e monetizzare il marchio tramite accordi di sponsorizzazione. I rischi per i ricavi derivanti da scarse prestazioni sul campo, almeno in questa fase, appaiono irrisori. Questo punto è rilevante perché l’obbligazione è strutturata in modo tale che gli obbligazionisti prestino effettivamente il loro denaro a fronte del cash flow generato dai contratti con i media e gli sponsor, non di quello prodotto dal club in generale. Questo aspetto è decisivo in quanto elimina un fattore potenzialmente negativo: l’inflazione da costi generata da ogni richiesta di aumento dell’ingaggio da parte dei giocatori.

Inoltre, con un tasso del 4,875% per un’obbligazione con rating BB-, la cedola sembra buona, se paragonata al resto del mercato high yield europeo, che presenta tassi medi per le obbligazioni societarie classificate BB all’1,8% e per il mercato in generale al 2,5%.

E allora, dove sta il problema? A nostro parere, la questione fondamentale è lo sfasamento tra il profilo di scadenza dell’obbligazione e il cash flow potenziale. Il piano di ammortamento del prestito obbligazionario è il seguente:

Piano di ammortamento obbligatorio e data di rimborso della quota capitale Importo rata

31 dicembre 2018 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . € 3,100,000

30 giugno 2019 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . € 3,150,000

31 dicembre 2019 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . € 3,250,000

30 giugno 2020 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . € 3,300,000

31 dicembre 2020 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . € 3,400,000

30 giugno 2021 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .  . . € 3,500,000

31 dicembre 2021 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .  . . € 3,550,000

30 giugno 2022 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . € 3,650,000

31 dicembre 2022 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . €273,100,000

In questo caso, ben venga l’ammortamento, ma gli importi obbligatoriamente rimborsabili sembrano insignificanti rispetto alla notevole consistenza del debito residuo. Una rata finale di oltre 270 milioni di euro su un importo di emissione di 300 milioni è di fatto un rimborso in un’unica soluzione alla scadenza. Allo stesso tempo, se la società supererà alcuni test finanziari, l’eventuale cash flow in eccesso generato dai diritti di trasmissione e comunicazione potrà essere poi distribuito ad altre società, sulle quali gli obbligazionisti non potranno rivalersi. Questo potrebbe significare, nel caso estremo, un re-indebitamento durante la vita dell’obbligazione con un maggior rischio di credito e di rifinanziamento, anche se la squadra si comporta bene e monetizza questo successo.

Dunque, sebbene l’Inter sia indiscutibilmente la miglior squadra di calcio di Milano al momento, la nostra considerazione sull’emissione obbligazionaria d’esordio del club è che “il diavolo si nasconde nei dettagli”.

Dopo il sorprendente risultato uscito dalle urne, la reazione del mercato high yield europeo è stata incredibilmente sommessa. Il grafico di seguito illustra alcuni movimenti di rilievo che testimoniano come è stata digerita finora la notizia.

high-yield-it

In generale, il mercato sembra scontare un impatto modesto se non nullo per i premi al rischio europei e anche per le società potenzialmente coinvolte in modo più diretto in America Latina, l’adeguamento di prezzo è risultato molto lieve.

Sembra che gli investitori stiano guardando oltre l’incertezza a breve termine per concentrarsi sulla prospettiva di una politica fiscale più morbida che fa ben sperare per la crescita nominale, un’evoluzione di cui quasi tutte le società high yield dovrebbero beneficiare. Cemex, ad esempio, ha una forte presenza sul mercato interno statunitense, ma per ironia della sorte, potrebbe diventare un fornitore di spicco dell’ipotetico programma infrastrutturale di Trump.

Con il mercato che prezza attualmente una possibilità dell’84% di un aumento dei tassi di interesse USA a dicembre, sembra probabile che ci saranno pressioni al rialzo sui rendimenti obbligazionari nel medio termine. Ciò va ad aggiungersi al rialzo che abbiamo già visto nel corso degli ultimi quattro mesi per gli asset privi di rischio quali i Treasury. Gli asset high yield non sono immuni dalle leggi della matematica obbligazionaria, con asset a duration più estesa che risentono in un ambiente di rendimenti in rialzo come quello attuale. A mio avviso, ci sono quattro ragioni per le quali coloro che investono nello spazio ad alto rendimento dovrebbero guardare al mercato dei titoli a tasso variabile al fine di gestire la loro esposizione al rischio tasso di interesse a questo punto del ciclo.

  1. Le nuove emissioni aiutano a diversificare e ad accrescere il mercato

Il mercato FRN high yield sta attualmente registrando un aumento di nuove emissioni e offerta. Dato che il mercato in questione rappresenta un’area circoscritta ma in fase di crescita del mercato obbligazionario, questo fatto è importante in quanto offre agli investitori scelta e diversificazione maggiori. Il grafico seguente illustra una selezione di operazioni su nuove emissioni delle ultime settimane.

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  1. Gli investitori in FRN in dollari statunitensi stanno beneficiando del tasso LIBOR USD in rialzo

Per gli investitori in dollari statunitensi, i titoli a tasso variabile hanno fortemente beneficiato del riprezzamento del rischio nei mercati monetari. Con l’aumento del LIBOR USA a circa 0,90% in un anno, sono cresciute anche le cedole di tutti i portafogli a tasso variabile in USD, senza alcun impatto sui valori patrimoniali. Ulteriori aumenti dei tassi di interesse nei prossimi mesi da parte della Fed potrebbero significare aumenti successivi del LIBOR USD in futuro.

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  1. Il valore adeguato per il rischio sostiene i titoli FRN rispetto ai titoli high yield a tasso fisso

Come illustrato nella tabella di seguito, il mercato high yield a tasso variabile offre oggi rendimenti simili ai mercati high yield statunitense ed europeo convenzionali, ma con un rischio tasso di interesse decisamente inferiore (ovvero prossimo allo zero) e una volatilità inferiore nei periodi di avversione al rischio. Crediamo che tale caratteristica renda questa categoria del mercato più allettante su una base adeguata per il rischio per gli investitori che puntano a un’esposizione con volatilità più ridotta agli spread di credito high yield.

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  1. Protezione del capitale se i mercati dei titoli di Stato continuano a registrare ondate di vendite

Se i mercati dei titoli governativi continuano a perdere terreno, le obbligazioni a tasso variabile deterranno il proprio valore più efficacemente rispetto alle obbligazioni a tasso fisso. Questo è avvenuto negli ultimi tre mesi, anche per le obbligazioni high yield. Il grafico seguente illustra in pratica la buona tenuta delle obbligazioni a tasso variabile, o addirittura persino un loro marginale aumento di valore, negli ultimi mesi. D’altra parte, le obbligazioni high yield a tasso fisso convenzionali a più lunga scadenza, come quelle emesse da Telecom Italia (TITIM) e Unity Media (UNITY) sono scivolate di diversi punti percentuali a causa, perlopiù, della loro maggior sensibilità alla volatilità del mercato dei titoli di Stato.

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Si è scritto molto sull’impatto che il risultato referendario ha avuto sui gilt, la sterlina e i mercati azionari. Nei mercati obbligazionari high yield in sterline, abbiamo visto alcune rivalutazioni con il mercato in ribasso del 2% in termini di prezzo a partire dal voto. A mio avviso, si tratta di una reazione piuttosto blanda se si considera che il FTSE 250 ha ceduto  circa il 10% nello stesso arco di tempo. Una spiegazione per la reazione di mercato contenuta potrebbe essere l’aspettativa di ulteriori allentamenti monetari nel breve termine. Il governatore della Banca d’Inghilterra Carney ha fatto notare che il  Comitato di politica monetaria (MPC) dovrebbe probabilmente allentare i tassi nel corso dell’estate. La possibilità di azioni dirette delle banche centrali nei mercati del credito incombe in questo momento anche sui mercati obbligazionari, aiutando a sostenere le valutazioni di mercato. Ovviamente, c’è un limite a quello che la politica monetaria può fare a supporto di un’economia in deterioramento. Anche l’approccio meno austero alla politica fiscale del cancelliere dello scacchiere Osborne potrebbe far sperare che una possibile recessione britannica sia di dimensioni ridotte.

Brexit: Chi vince e chi perde nello spazio high yield in sterline

Potrebbero esserci altre ragioni per le quali la reazione del mercato high yield sia stata relativamente contenuta. Come il FTSE 100 (su del 2% dal voto), il mercato high yield non riflette molto accuratamente il sentiment relativo all’economia britannica. Di fatto, esiste un numero notevole di emittenti internazionali con rating non-investment grade che emettono obbligazioni in sterline. Per citare qualche esempio, Anglo American, Gazprom, Petrobras ed Enel, tutti parte di questo mercato. Ciò ha effetti di diluizione su qualsiasi rivalutazione del rischio specifica del Regno Unito. Inoltre, le misure di supporto attuate dalle varie banche centrali in seguito al voto hanno contribuito a sostenere tutti gli asset di rischio, incluso il credito.

Ci saranno vincitori e vinti in termini di emittenti sottesi a queste obbligazioni e, per poterli prevedere, abbiamo bisogno di fare una serie di ipotesi qualificanti. Tali ipotesi sono le seguenti:

  • Il Regno Unito attraversa un forte rallentamento (forse una recessione) nei mesi a venire dovuto alla contrazione degli investimenti nel settore privato;
  • Questo a sua volta determina un aumento della disoccupazione e un calo della fiducia dei consumatori;
  • Non c’è un recupero rapido della crescita date le tempistiche dei negoziati di uscita che continuano a pesare sul clima di mercato;
  • La sterlina rimane debole a causa sia di una politica fiscale espansiva che di una politica monetaria accomodante.

In questo contesto, le attività cicliche incentrate sul mercato interno che ottengono le loro forniture dall’estero sono le più vulnerabili (ad esempio, i commercianti di abbigliamento). Mentre chi esporta beni e servizi a mercati non-Ue potrebbe in realtà trarne un esiguo vantaggio (come ad esempio i fornitori di servizi di istruzione). Il grafico di seguito traccia questo impatto sull’asse y utilizzando un punteggio numerico (avvertimento: altamente soggettivo) tra 1 e 5 (con 1 come maggior impatto positivo e 5 come impatto maggiormente negativo e un punteggio pari a 3 a indicare un impatto esiguo o marginale). Gli attuali spread di credito sono sull’asse x per poter includere tutto ciò in un contesto di valore relativo. Va sottolineato che sono stati esclusi crediti finanziari e in sofferenza e ovviamente dobbiamo ricordare che gli spread sono una funzione di molti altri fattori e non esclusivamente della Brexit.

Brexit: Chi vince e chi perde nello spazio high yield in sterline

A partire dall’analisi precedente possiamo delineare alcune interessanti conclusioni. In primo luogo, buona parte degli emittenti subirà un impatto negativo, mentre il numero di imprese che potrebbe beneficiare della Brexit costituisce un’esigua minoranza. In secondo luogo, quando viene preso in considerazione il valore relativo, i potenziali “vincitori” che scambiano a buon mercato non sono immuni da altri rischi. Ad esempio, Aston Martin (ASTONM) è un potenziale vincitore in quanto esportatore internazionale basato nel Regno Unito e non dipende dal mercato di massa europeo. Tuttavia, deve far fronte a determinate sfide in quanto  piccolo produttore di nicchia con costrizioni a livello di capitale in un mercato altamente competitivo. È poco probabile che la Brexit abbia maggior peso delle difficoltà esistenti per la società. Infine, data la contenuta reazione di mercato e la probabilità di alcune difficoltà fondamentali per un periodo esteo, la strategia più interessante da adottare ora consiste nel vendere o ridurre l’esposizione ai potenziali perdenti. Anche se potrebbero esserci diverse opportunità specifiche, l’ambiente macro incerto rende difficile essere troppo rialzisti sull’high yield in sterline in questo momento. Avremmo bisogno di un ulteriore adeguamento al ribasso delle valutazioni prima di far rendere il capitale.

Gli ultimi mesi sono stati difficili per tutti gli asset di rischio, inclusi quelli dei mercati high yield. La debolezza è stata particolarmente evidente negli Stati Uniti, con rendimenti negativi di quasi il 10% nell’arco dell’anno scorso. Nell’ambito di questa correzione dei prezzi, gli spread si sono ampliati in misura notevole e il mercato high yield statunitense ha sfiorato i 900 bps contro i Treasury. Anche i rendimenti complessivi hanno brevemente superato la soglia del 10% il mese scorso.

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Alla base di tutto questo c’è stata una correzione pesante e molto pubblicizzata sui crediti del settore energetico. La dispersione dei rendimenti all’interno del mercato si è rivelata enorme. È interessante notare che, nonostante la correzione di oltre il 10% tra gennaio e febbraio, la debolezza dei titoli bancari subordinati (l’indice AT1/COCO ha perso il 3% nell’anno fino al 23 febbraio) sembra poca cosa rispetto al crollo di circa il 37% subito dalle obbligazioni del settore energetico USA nello stesso periodo. Con la prospettiva sempre più concreta di ulteriori default, l’anno scorso è stato cruciale azzeccare le scommesse settoriali.

Agli spread in aumento si aggiungono i timori di un rallentamento generale della crescita e le forti preoccupazioni per la distruzione di capitale in un ampio segmento del mercato. Ma allora è un momento terribile per puntare su questa asset class? Forse no.

Perché diciamo questo? Prima di tutto, potrebbero esserci dei paralleli interessanti con il mercato high yield del 2001. Le analogie non mancano: sembra quasi di sentire l’eco della storia del mercato obbligazionario.

a) Allora come oggi, le preoccupazioni erano tutte focalizzate su un unico settore. Nel 2001 è stato lo scoppio della bolla TMT, con le ricadute degli investimenti smodati delle società di telecomunicazioni, finanziati da un mercato high yield eccessivamente entusiasta. Il fenomeno è poi sfociato in un’impennata di default e conseguente periodo doloroso per i creditori. Oggi è lo scoppio della bolla dei prezzi delle commodity, con le ricadute degli investimenti smodati delle società energetiche, finanziati da un mercato high yield eccessivamente entusiasta.

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b) Questa spesa societaria esagerata, abbinata alla scarsa disciplina sul fronte del credito, ha fatto nascere il timore di possibili conseguenze avverse sulla crescita dell’economia in senso ampio. I premi al rischio scontavano la paura di recessione alla fine del 2000 come fanno anche ora.

c) Il rimbalzo iniziale è stato piuttosto rapido, nel corso del 2000, ma gli spread sono rimasti elevati per un lungo periodo. Non c’è stata un’inversione repentina dei premi al rischio. Questo aspetto è rilevante perché, contrariamente ai cicli visti nel 2009 e nel 2011, caratterizzati da una brusca contrazione degli spread anche per effetto degli interventi di governi e banche centrali, la capacità delle autorità di incidere su movimenti di questo tipo sembra meno ovvia oggi. L’arsenale attuale di armi a disposizione sul fronte delle politiche appare piuttosto scarno. Se stiamo entrando in un ciclo di debolezza dei mercati, esiste la possibilità concreta che stavolta possa durare per un po’, come già accaduto nei primi anni del millennio.

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L’aspetto interessante è che acquistare titoli high yield quando gli spread hanno sfiorato la prima volta quota 900 bps non è stata necessariamente una cattiva idea, sebbene fosse l’inizio di un ciclo di default duraturo. Un investimento effettuato il 1° gennaio 2001 avrebbe generato, nell’arco di 4 anni, un rendimento del 45% (ricordate: sia i tassi di dafault che gli spread hanno raggiunto il picco un anno dopo).

Inoltre, una scommessa settoriale azzeccata ha aggiunto non poco valore. Se quell’investitore avesse invece fatto acquisti evitando completamente l’esposizione alle telecomunicazioni, non solo avrebbe visto rendimenti costantemente positivi, ma sarebbe riuscito a mettere insieme un guadagno complessivo di circa il 60% in 4 anni, quindi il 15% in più della media di mercato.

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Vale la pena di notare che la possibilità di ottenere risultati di questo tipo è riconducibile esclusivamente alla marcata contrazione degli spread nel corso del 2003 e del 2004, uno sviluppo che ha generato incrementi di capitale significativi, in aggiunta alle rendite cedolari già elevate.

Ciò non toglie che i “primi arrivati” sul tema, nella fase iniziale di ampliamento degli spread, non sono stati penalizzati. Tutto questo per dire che, quand’anche dovessimo effettivamente assistere a un ciclo protratto, per l’investitore paziente in grado di tollerare qualche scossone e puntare sul settore giusto, le opportunità di rendimento totale nel mercato high yield sono interessanti.

Autore: James Tomlins

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